Imposta di successione: riutilizzo della franchigia già esaurita con le donazioni nelle letture giurisprudenziali

Banca dati Memento, Editore Giuffrè Francis Lefebvre, 2021, di Valerio Villoresi

Premessa

Entro dodici mesi dall’apertura della successione gli eredi e i legatari devono presentare in via telematica su modello ministeriale la dichiarazione di successione. Tra i quadri da compilare è ricompreso il Quadro ESDonazioni e atti a titolo gratuito. Le istruzioni pubblicate nel sito dell’Agenzia delle Entrate per la compilazione del quadro ES precisano che lindicazione delle donazioni pregresse avviene ai soli fini della determinazione delle franchigie applicabili sulla quota devoluta all’erede o al legatario.

La liquidazione dell’imposta di successione effettuata dall’Agenzia delle Entrate sulla scorta delle istruzioni ministeriali sopra richiamate contrasta però con l’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale in presenza di donazioni fatte in vita dal de cuius. La genesi del contrasto è conseguente a due diversi criteri orientativi emersi nell’ambito delle modifiche normative succedutesi negli anni.

Il primo criterio, condiviso dalla dottrina e dalla migliore giurisprudenza attiene al fatto che l’attuale imposta di successione viene considerata come “nuova” imposta, nonostante sia in massima parte regolata sul previgente D.Lgs. 346/90. A conferma la circostanza che il richiamo alla già soppressa disciplina-base trova testuale limite in previsioni originali che, tra il resto, modificano le aliquote ed il sistema di prelievo sia per l’imposta di successione (comma 48) sia per quella di donazione (comma 49), e dispongono varie abrogazioni della disciplina richiamata (c. 52).

Il secondo criterio, condiviso dall’Agenzia delle Entrate e da una corrente giurisprudenziale minoritaria, attiene al vincolo nell’interpretazione della legge previsto dall’art. 2 c. 50 DL 262/2006: “Per quanto non disposto dai c. da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al D.Lgs. 346/90, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001”. Ciò significa che di fronte al tenore letterale non univoco l’Agenzia delle Entrate si sente investita del potere discrezionale di individuare un regime fiscale applicabile all’esito di una valutazione finalistica e di ratio incentrato sulla ricerca del maggior gettito possibile a vantaggio dell’erario.